Ero in macchina, con quattro miei amici.
Tutto era inquietante: la strada, le luci basse dei lampioni, quella maledetta macchina e persino le risate, sembravano diaboliche. Quello che guidava, spingeva il pedale dell’acceleratore più che poteva, io ero davanti e il ragazzo dietro di me continuava ad urlare: “Investi tutti questi bastardi, dai cazzo falli fuori”. Tutti ridevamo, mentre una persona era stata colpita alle gambe. Sicuramente, dal colpo che aveva preso, aveva perso la vita. Quando cadde sull’asfalto, non disse una parola. Se era morto, o non era morto, non ce ne importava niente. Dentro di me c’era una rabbia incontrollata, una scarica di energia che mi faceva urlare di gioia e con gli occhi iniettati di sangue gridavo: “Ammazzane un altro dai dai! Daaai!!!”. Ma tutto a un tratto mi prese uno stato di angoscia, iniziai a cambiare umore e mi chiesi, in totale panico e disperazione: “Che cosa succederà dopo? Che cosa succederà dopo? Che cosa succederà dopo?”
“È ora di alzarsi, sono le ore sei e trenta, è ora di alzarsi!”.
La sveglia chiamava.
La testa mi rimbombava, ci misi un po' per connettere. Tirai fuori dal letto il mio corpo sudato.
La mente era confusa, con l’incubo che avevo fatto. Andai in bagno e mi feci una doccia. In un attimo la felicità prese il sopravvento, scordai il brutto sogno e iniziai a pensare al viaggio.Era il 31 luglio, località Milano. Presi lo zaino bello pieno, la tenda, il materassino e il bomber, scesi giù, caricai tutto sulla vespa, la accesi, salutai mia madre che mi guardò partire dalla finestra di casa sua, misi in prima e me ne andai, destinazione, Sapri.
Ore sette, tre macchine della polizia in corso Magenta, ore sette e dieci, due jeep dei carabinieri in corso ventidue marzo, buon giorno mia cara città, che brutta visione di prima mattina.